Giovanni Di Lorenzo
Chi sono

Il mio nome è Giovanni Di Lorenzo, siciliano, chirurgo da oltre 20 anni con la passione per la fotografia e l'organizzazione di eventi legati alla cultura e alla medicina.

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Indirizzo:
Viale dei Platani, San cataldo (CL)
Tel & Wapp:
(+39) 329 9372184
E-mail:
info@giovannidilorenzo.it

(c) Giovanni Di Lorenzo, 2019, Designed by FOG Comunicazione

    

 

 

 

Le foto sono tratte dal racconto "Ciaula scopre la luna", la novella di Pirandello, rivisitata da attori sancataldesi con la regia di Ivano Ferrara... uno dei cavalli di battaglia all’interno del percorso di valorizzazione del sito boschivo e minerario. Un percorso che è stato ampiamente valorizzato in questi anni con tante visite e con il recupero e la salvaguardia del sito minerario che ora sarà ulteriormente promosso, in termini di immagine con la novella Ciaula scopre la luna.

 

Itinerart presenta: www.conosceresancataldo.com

Melo, mi chiamo Melo, scrivetelo sulla lapide lì nel cimitero.

Cancellate subito quella X. Me l’hanno detto quassù, io neanche me lo ricordavo. Ero piccolissimo quando mio padre mi ha venduto al piccioniere. Quel maledetto gli ha dato due soldi e a me non mi pagava, solo pane rancido mi dava, per giunta mi picchiava e a Salvatore lo violentava. Era un mostro sì, un piccolo mostro, la gente si voltava quando mi incontrava. Ero storpio, rachitico, non riuscivo a respirare, per questo me la passavo a bestemmiare. Dentro gli stretti cunicoli asfissianti, le pietre gialle conficcate nelle spalle, con gli occhi sgranati, cercavo l’uscita della tana, e ogni volta che tornavo a galla scappavo, correndo a più non posso. Ma tanto lo sapevo che mi riacciuffava. Ed erano botte da orbi. Io mi dimenavo come un ossesso, con calci, pugni e morsi cercavo di fargliela pagare al brutto ceffo. Nella cappella vicino alla miniera m’inginocchiavo nelle notti insonni e domandavo rivolto al cielo: “picchì, picchì mi vulisti daccussì?” Ma il Signore qui mi ha ricompensato: mi fa vivere in questo mondo senza porte pieno di luce e d’azzurro. Dall’alto vedo il piccioniere che cerca una via d’uscita nei labirinti infernali, è chiuso in gabbia come un ratto in un tunnel senza fondo, buio, purulento, mentre io sto in grembo alla Madonna che mi accarezza con la sua mano dolce e mi rispetta sempre, come una ninna-nanna: “figghiu mio, quanto si bedddu, quantu si pulito…”. Melo, mi chiamo Melo, si Melo, scrivetelo sulla lapide lì nel cimitero, cancellate subito quella X.

di Gabriella De Fina